Calling San Siro, un’esperienza di volontariato per il quartiere in sinergia tra studenti e attori locali

Calling San Siro, un’esperienza di volontariato per il quartiere in sinergia tra studenti e attori locali

Come costruire nuove forme di prossimità con il quartiere in un momento in cui ci è imposta la distanza fisica? Come Mapping San Siro abbiamo pensato di costruire “A un metro di distanza”: un osservatorio sul quartiere San Siro per raccontare e monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria, economica e sociale provocata dal Covid-19. Il 14 e il 21 di luglio pubblicheremo i contributi della rubrica “Calling San Siro”: racconteremo l’omonimo progetto di volontariato che ha coinvolto alcuni studenti del Politecnico e alcune famiglie del quartiere, in un percorso di ascolto e prossimità “a distanza”. 

Per il gruppo di ricerca Mapping San Siro – e tutta la rete di soggetti locali con cui l’equipe collabora – la pandemia ha sortito un forte effetto di spaesamento. Da alcuni anni lavoriamo a stretto contatto con comitati, gruppi informali e singoli cittadine e cittadini in un’ottica che fa della prossimità (fisica, ma anche esperienziale) il perno attorno a cui ruota il lavoro che viene condotto nel quartiere.

Sin dall’apertura dello spazio 30metriquadri, nel 2013, l’equipe di ricerca ha costantemente esplorato forme di sperimentazione didattica e di ricerca che si allontanassero dai metodi più consueti generalmente applicati in accademia e che coinvolgessero anche gli studenti nel processo di conoscenza del quartiere. Nello spirito di Mapping San Siro la ricerca-azione, la co-progettazione e la sperimentazione didattica sono i perni attorno a cui il mondo dell’università si apre alla collaborazione con le realtà del quartiere. In quest’ottica, assumono fondamentale importanza la creazione di legami e la costruzione di una rete di soggetti locali con cui collaborare non solo per favorire e diffondere modalità attive e situate di conoscenza, ma anche per co-progettare interventi architettonici e sociali.

Il lockdown e la chiusura di Off Campus, luogo in cui Mapping San Siro svolge attualmente le sue attività all’interno del programma di responsabilità sociale del Politecnico di Milano, ci ha quindi privato della possibilità stessa di proseguire nelle modalità che per anni erano state la norma. Per un momento abbiamo avuto la sensazione di aver perso completamente il polso della situazione su quanto avveniva nel quartiere.

Ci siamo chiesti, e con noi le reti locali, come fosse possibile rimodulare le nostre attività in una condizione che di fatto ci impediva di coltivare direttamente quelle relazioni necessarie a conoscere le condizioni degli abitanti, specialmente delle componenti più fragili, e intervenire per alleviarne le difficoltà.

Una domanda pressante, conoscendo la realtà edilizia di San Siro, aveva a che fare con le condizioni di vita all’interno del quartiere ma soprattutto degli spazi abitativi. San Siro è un contesto caratterizzato da una forte presenza di popolazioni fragili, spesso con un background migratorio, che già in una condizione di “normalità” si confrontano con situazioni abitative precarie e spesso inadeguate in termini di dimensione e comfort. È stato perciò facile immaginare come la reclusione forzata all’interno di questi spazi domestici possa aver amplificato le difficoltà di molti, riflettendosi sulle diverse dimensioni di vita.

Mentre ci ponevamo queste domande, altri soggetti locali stavano interrogandosi in termini molto simili ai nostri. In quartiere le nuove condizioni e le regole dettate dall’emergenza sanitaria hanno infatti portato diversi soggetti locali a ripensare o talvolta implementare nuovi servizi a supporto del quartiere e dei suoi abitanti. È quanto accaduto al progetto QuBì Selinunte, un’esperienza di contrasto alla povertà minorile che durante il lockdown, per non sospendere l’attività, ha attivato un nuovo servizio ”a distanza” che ha consentito il prosieguo del lavoro di “San Siro Informa”, sportello che sino a febbraio era attivo in piazzale Selinunte. A partire da marzo e ancora oggi, un numero telefonico attivo tutti i giorni fornisce informazioni e orientamento alle famiglie di San Siro.

In sinergia con questo nuovo servizio promosso da Qubì Selinunte si inserisce l’attività di volontariato Calling San Siro, avviata a maggio 2020 in collaborazione tra il gruppo di ricerca Mapping San Siro e il programma Polisocial del Politecnico di Milano e che si sostanzia nella realizzazione di un servizio telefonico che mette in relazione gli studenti con alcune famiglie del quartiere, per sostenerle nella loro quotidianità. L’esperienza è diretta conseguenza di una richiesta giunta dal quartiere, e in particolare da Amelia Priano, operatrice di una cooperativa partner della rete locale.

Dal nostro punto di vista, Calling San Siro ci ha fornito l’occasione per mantenere una presenza nel quartiere pur in una fase in cui Off Campus non era operativo e per proseguire nella linea di un continuo dialogo tra ricerca e intervento. In un momento in cui le attività dell’Ateneo erano state forzatamente riorganizzate in remoto, l’attivazione di questo intervento aveva lo scopo di consentire all’equipe di ricerca non solo di mantenere uno sguardo sul quartiere, ma anche di cogliere aspetti più intimi della vita dei suoi abitanti senza perdere la vocazione operativa che la caratterizza.

Sulla scorta di esperienze di collaborazione già avviate nel quartiere, che vedono coinvolti gli studenti in attività a supporto degli attori locali, si è sin da subito ipotizzato di coinvolgere un gruppo misto di nove studenti del Politecnico che studiano architettura e urbanistica, i quali hanno aderito in modo volontario all’iniziativa. Gli iscritti al Politecnico sono parte integrante del processo di ricerca-azione di Mapping San Siro, ragion per cui abbiamo sin dall’inizio pensato a un loro coinvolgimento. Le motivazioni e le esperienze pregresse alla base della loro scelta di partecipare a questa esperienza erano variegate, ma tutti e tutte i volontari hanno risposto con genuino entusiasmo e grande disponibilità.

Attraverso le conversazioni telefoniche, che si sono protratte sino a fine giugno, gli studenti avevano come compito iniziale quello di monitorare il benessere delle famiglie coinvolte, di ascoltarle e fare emergere, là dove possibile, i loro bisogni, le loro condizioni abitative e le loro attività quotidiane. Nella pratica si è osservato come questo servizio abbia intercettato giovani di età compresa tra i 10 e i 15 anni, prevalentemente di origine straniera e con esperienze famigliari e scolastiche molto diverse tra loro.

Il primo contatto telefonico è avvenuto con i genitori e poi, a seguire, gli studenti si sono interfacciati direttamente con i ragazzi e i bambini. Le attività proposte durate le telefonate sono state delineate in base alle esigenze che le stesse famiglie esprimevano: da un lato si è manifestata l’esigenza di un accompagnamento e un supporto nello svolgimento dei compiti a casa; dall’altro è emerso un bisogno molto più “semplice”, quello di alleggerire una quotidianità difficile e al tempo stesso potersi raccontare, anche fantasticando sul futuro.

Il tempo, infatti, è stata una delle dimensioni emergenti e argomento trattato durante le conversazioni, specialmente quando i minori con cui si era stabilita una relazione erano adolescenti o preadolescenti. In una situazione in cui il tempo presente subisce una brusca frenata, dilatandosi, la dimensione del futuro può irrompere nei pensieri e assumere un’importanza inedita e decisiva anche per la sua capacità di farci immaginare un “dopo”, un tempo alla fine della clausura.

Il progetto Calling San Siro ha consentito agli studenti volontari, e di converso agli operatori e ricercatori coinvolti, di avere uno sguardo privilegiato, seppur parziale, sulla vita delle famiglie e sulle condizioni delle persone con cui si era attivato il contatto. È stato, dunque, necessario un approccio discreto, responsabile e sensibile, per evitare di invadere la privacy di una quotidianità spesso faticosa.

Con grande sensibilità, gli studenti hanno affiancato i loro interlocutori in un dialogo costante e mantenuto un atteggiamento riflessivo verso il loro ruolo, condiviso durante i momenti settimanali di confronto e orientamento che hanno accompagnato l’attività lungo tutto il suo svolgimento.  Il tema della costruzione di una relazione il più possibile paritaria e dialogica è stato spesso sollevato, così come sono state descritte le difficoltà intercorse nell’intrecciarsi di queste relazioni. Questa riflessività è stata favorita anche dal ricorso a due strumenti che gli strumenti avevano a disposizione: una scheda di rilevazione con cui segnalare, al termine di ogni colloquio, fatti salienti e una breve descrizione del contenuto della telefonata; e un diario di bordo, strumento più narrativo utilizzato per descrivere stati d’animo, sensazioni, emozioni e riflessioni sul lavoro in corso.

Gli studenti volontari hanno affrontato questa esperienza non solo come una forma di sostegno a persone in situazioni di difficoltà, ma hanno anche colto l’occasione per porsi (e porre, anche in forma indiretta) alcune domande circa la quotidianità delle famiglie da loro contattate: come queste famiglie hanno affrontato l’emergenza sanitaria? Quali conoscenze e quali strumenti hanno messo in campo in relazione ai comportamenti che era necessario tenere in quella situazione? Come hanno vissuto lo spazio (spesso ristretto) della casa, del cortile o del quartiere? Quali nuove pratiche e abitudini hanno messo in atto? Come le famiglie coinvolte hanno gestito i tempi della loro giornata? Quali attività hanno svolto in casa, sia genitori che ragazzi?

Sono domande che, dopo essere partite per l’esplorazione di dimensioni diverse, sono “tornate a casa”, stimolandoli a riflettere sulle loro vite, le loro case, le loro relazioni durante le stesse settimane di sosta forzata. Sono domande che, ricorsivamente, hanno messo in dialogo esperienze diverse, arricchendole entrambe.

Testo a cura di: Margherita Bernardi, Ida Castelnuovo, Stefano Pontiggia.

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