Orizzonte Stadio – Nota di campo del 10/01/23 (Paolo Grassi)

Orizzonte Stadio – Nota di campo del 10/01/23 (Paolo Grassi)

Nelle giornate più limpide, all’incrocio tra via Preneste e via Civitali, il Meazza sembra molto vicino. La rossa struttura metallica che lo ricopre, insieme a una delle torri d’angolo, appaiono appena sopra i palazzoni di edilizia residenziale pubblica.

Eppure, se si inizia a camminare verso lo stadio, quella sensazione viene meno. La distanza non è tanta, circa un chilometro e mezzo, ma appare quasi incolmabile. La rossa struttura metallica e la torre d’angolo rimangono all’orizzonte, mentre il paesaggio intorno si modifica progressivamente, senza soluzione di continuità: i palazzoni lasciano spazio prima ad alcuni esercizi commerciali, lungo via Paravia, poi a edifici privati contornati da giardini curati, infine a uno slargo che sfocia nel piazzale Angelo Moratti. Solo allora lo stadio si palesa completamente, in tutta la sua imponenza, lasciandosi abbracciare dallo sguardo libero da ostacoli.

La relazione tra quartiere di edilizia popolare e stadio mi sembra rispecchiare questa descrizione. Il Meazza è là, così vicino e allo stesso tempo così lontano: un simbolo identitario per i residenti dell’area, ma anche un gigante silenzioso parte di uno sfondo percettivo.

Oggi la temperatura è stranamente mite. Sul piazzale antistante allo stadio diverse persone stanno allestendo bancarelle di cibo e merchandising in vista di un’imminente partita. Provo a scambiare due parole con un ragazzo intento a disporre file di panini. Chiedo con fare ingenuo se abbatteranno il Meazza. Mi risponde che il Comune lo sta ripetendo da dieci anni, ma secondo lui nessuno lo farà davvero.

Salgo su un tram per tornare indietro. Anche l’autista sembra sapere poco del progetto, del dibattito pubblico avviato, del futuro di quella zona. Si chiede che senso abbia demolire per ricostruire “dieci metri più in là”. Poi passa a commentare il tempo atmosferico. Lo stadio diviene sfondo anche della nostra interazione.

Mi colpisce constatare come, a discapito della narrativa dominante, le grandi trasformazioni che stanno interessando Milano avvengono e basta. Molte persone non ne conoscono i tempi e le modalità, figuriamoci i margini di negoziazione. La partecipazione è relegata a pochi soggetti organizzati, o a singoli individui la cui quotidianità è investita con forza, più di altri, da quelle progettualità, vuoi perché residenti in zone limitrofe, vuoi perché portatori di specifici interessi. Per tutti gli altri la città cambia sotto i loro occhi, grazie a una regia considerata spesso occulta. 

Nel quartiere di edilizia popolare il nuovo stadio per molti interlocutori “non fa problema”. E il progetto d’altronde considera minimamente quella porzione di città pubblica, nonostante i suoi effetti potrebbero modificarne flussi, ritmi e connessioni con il contesto metropolitano. Tuttavia, il Meazza continua a fare capolino, all’incrocio tra via Preneste e via Civitali, così come in altri angoli del quartiere. Il fantasma della sua trasformazione aleggia sui suoi residenti, così imminente e contemporaneamente così distante, così lontano e così vicino.

Paolo Grassi

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