24 Mar Intervista a Federico Bottelli sul tema stadio San Siro
Intervista a cura di Alice Alessandri e Rebecca Migliarini
8 marzo 2023, Off Campus San Siro
Il Consigliere Federico Bottelli arriva in via Giacinto Gigante puntualissimo, sul suo monopattino elettrico. Conosce lo spazio Off Campus e il quartiere, che frequenta regolarmente per la sua attività sul territorio. Con fare cordiale ci chiede subito di dargli del tu…
La prima domanda che volevamo farti, vista la tua esperienza nell’Amministrazione Comunale, è che cosa ne pensi delle grandi trasformazioni e del processo di sviluppo urbano della città di Milano.
Io credo che sicuramente la città, in questi ultimi dieci, quindici, vent’anni – anche a fronte di alcuni Piani di Governo del Territorio sicuramente all’avanguardia rispetto alla media italiana – ha saputo intercettare alcuni investimenti privati, incanalandoli però in una visione strategica pubblica sicuramente importante. Questo ha fatto sì di avere la possibilità di rigenerare alcuni spazi in maniera molto importante. Quindi sicuramente la capacità di intercettare gli investimenti c’è. Però noi oggi ci troviamo ad un punto in cui non è più sufficiente intercettare gli investimenti, ma il pubblico deve svolgere il suo ruolo di difesa dell’interesse pubblico e comune, e quindi evitare che il mercato, penso a quello immobiliare, ma in generale il costo della vita, prendano strade che non permettano più a questa città di essere inclusiva e accogliente come è stata in questi anni. Faccio un esempio su tutti: Milano accoglie un numero di studenti fuori sede decisamente importante e il fatto che la città possa raggiungere dei livelli – ad esempio per il costo degli affitti – tali da non permettere più agli studenti di poter venire, studiare e rimanere a lavorare in questa città, è un tema che preoccupa moltissimo l’Amministrazione oggi e su cui stiamo cercando di lavorare tutti i giorni da un paio d’anni a questa parte. Il pubblico deve fare il pubblico, su tanti progetti, investimenti e anche sul tema stadio. Quello che abbiamo visto che funziona e che stiamo cercando di sperimentare sono, ad esempio, dei percorsi partecipativi, dove in fase progettuale non c’è solo la realizzazione e la riqualificazione di uno spazio urbano, ma anche un pensiero alla base su poi come quello spazio può essere co-gestito, preso in carico, curato, da parte delle associazioni e dai cittadini che in qualche modo vengono coinvolti e che si fanno carico anche di quel pezzettino di città. È chiaro che è un tema molto complesso, perché ci siamo resi conto in maniera molto interessante che anche la riqualificazione di una semplice piazza porta a un aumento del costo della vita in quel quartiere. Un semplice investimento che andrebbe teoricamente a migliorare la qualità della vita in moltissimi casi, in realtà, porta gentrificazione. E questo lo si vede benissimo in un quartiere su tutti: Via Padova – viale Monza, che è sempre stato caratterizzato in maniera molto forte da una presenza multietnica importante. Una buona quota di cittadini nati e cresciuti in quel quartiere oggi non si può più permettere di vivere lì: e questa cosa per me è devastante, devono scegliere di andare a Segrate, a Sesto o a Cesano Boscone perché il costo della vita è troppo alto.
In questo la visione dell’Amministrazione non più Milano-centrica, ma aperta su Milano Città Metropolitana, ci permette magari di indirizzare alcuni investimenti non solo a Milano città, alleggerendo il carico di Milano città, e permettendo intanto di efficientare e portare il trasporto pubblico locale anche dove oggi non c’è.
Hai citato il ruolo importante dei percorsi partecipativi… in particolare sul progetto dello stadio, è stato portato avanti un dibattito pubblico. Rispetto a questo, volevamo chiederti la tua opinione su come è stato utilizzato questo strumento, che bilancio ne trai e se, secondo te, è stato effettivamente capace di attivare e coinvolgere la cittadinanza.
I percorsi di partecipazione, voi lo sapete meglio di me, sono sempre molto complessi e difficili da mettere in pratica: magari uno ha una visione molto bella sulla carta, poi nel concreto si perde nei dettagli e nel fattore umano delle singole persone. Questo è stato il primo vero grande dibattito pubblico in città, quindi, come tutte le prime volte, è un po’ difficile avere un giudizio negativo. Sicuramente è stato un momento di confronto con la città abbastanza ampio, perché se leggiamo i numeri di coinvolgimento delle persone non ci possiamo lamentare. Forse c’è stato un disallineamento rispetto alle aspettative, nel senso che la legge nazionale, che prevede il dibattito pubblico per gli investimenti superiori ai 300-350 milioni su suolo pubblico, non mette in discussione il progetto nella sua totalità, ma ne va a evidenziare alcuni aspetti – evidentemente critici per la cittadinanza – e cerca di andare a migliorare la proposta con alcune fasi di presentazione e racconto del progetto. Ecco, forse nella fase di spiegazione nel dettaglio, in alcuni casi è stato troppo superficiale, in alcuni casi davvero troppo specifico e senza dare gli strumenti adeguati ai cittadini per poterlo comprendere nel profondo. Si può sicuramente fare meglio: ad avere più tempo e risorse economiche, sicuramente ci si aspettava un coinvolgimento un pochino più profondo rispetto alle reti locali, alle associazioni e alle realtà che lavorano e ci sono sul territorio. Quello che secondo me è successo è che è stato un dibattito pubblico un po’ asettico.
Tornando sul tema delle grandi trasformazioni, vedi delle delle opportunità per i territori fragili? Se sì, come sarebbe declinata questa possibilità nel contesto di San Siro? Il progetto per lo stadio avrebbe o avrebbe avuto, a tuo parere, delle ricadute positive sul quartiere di San Siro?
Secondo me sì. Quello che abbiamo cercato di fare nei passati quattro anni di lavoro intenso, faticoso, di confronto – anche in alcuni momenti difficile – con le squadre è proprio questo, cioè cercare in un investimento privato importante di tutelare l’interesse pubblico e di far sì che questo investimento abbia una ricaduta concreta nel migliorare la qualità della vita dei quartieri circostanti. Come? Il Consiglio Comunale si è espresso due volte, con due ordini del giorno, uno che dava sostanzialmente mandato alla giunta di esprimere parere favorevole sull’interesse pubblico e un altro, il 22 dicembre 2022, a valle del dibattito pubblico. I “paletti” che il Consiglio Comunale ha individuato nel merito del progetto sono tutti elementi che poi hanno una ricaduta concreta sui quartieri e sulla cittadinanza che li vive: l’aumento del verde dal 25 al 50%; la dimensione delle volumetrie; l’aumento delle funzioni pubbliche;, l’aumento del numero di posti nel nuovo stadio. Questi elementi – che presi singolarmente sembrano sicuramente un po’ limitati e piccoli – sommati, secondo me, danno una visione abbastanza chiara sull’area stadio. E poi c’è un elemento che per me è determinante: in una contrattazione forte con le squadre si è raggiunto l’obiettivo di avere un ammontare di oneri ed extra oneri importante, con la possibilità di utilizzare queste risorse sul quartiere popolare di San Siro, che vorrebbe dire un investimento sulla qualità dell’abitare, sulla riqualificazione dello spazio pubblico. Poi sono oneri di urbanizzazione, quindi devono essere lavori pubblici. È chiaro che se avessimo la possibilità di poterli utilizzare in servizi sarebbe forse ancora più utile. In Consiglio Comunale abbiamo dovuto trovare una mediazione al nostro interno – perché poi è bene dirlo, non è che eravamo tutti completamente favorevoli – e una mediazione con le squadre per tramite del sindaco, alla ricerca di un equilibrio che potesse dare una sostenibilità sociale e ambientale all’investimento. Ora la situazione ad oggi è un po’ diversa e vediamo cosa succederà.
Volevamo chiederti, anche alla luce del del tuo ruolo di Presidente nella Commissione consiliare Casa e Piano Quartieri, se si possono invece evidenziare dei rischi rispetto alla qualità dell’abitare in quest’area, soprattutto guardando all’accessibilità economica in termini di prezzi.
Eh sì, quello che vi dicevo all’inizio. Anche quando tu hai semplicemente riqualificato una piazza che è evidente che vada riqualificata, il rischio di gentrificazione c’è. Credo che però a San Siro ci siano degli elementi inediti o molto unici rispetto a tutta la città, che è la conformazione popolare, le caratteristiche di edilizia residenziale pubblica, che in qualche modo fanno sì che quel pezzettino di città non è sul mercato, è fuori mercato. È un quartiere popolare con 12.000 cittadini, 6000 alloggi Erp o comunque di proprietà Aler. Sicuramente l’attività commerciale accanto al quartiere popolare o sotto le case popolari può essere che possa portare ad un aumento del costo della vita. In questo la progettazione in maniera partecipata, che coinvolga le realtà, le associazioni dei cittadini, può può aiutare ad alleggerire. Comunque è un tema, sicuramente.
Di fronte alla possibilità che tutto il progetto Stadio San Siro tramonti, cosa sarà di questa urgenza di rivitalizzare il quartiere e le aree circostanti?
Urgenza è il termine giusto, è un’urgenza molto sentita all’interno dell’Amministrazione, dal lato del pubblico. Le società private che hanno come obiettivo – giustamente o meno – l’aumentare i profitti e far sì che il loro investimento abbia un ritorno economico importante, non sentono questa urgenza. Quindi, se le squadre decideranno di andare a investire su un’altra area – si trattasse anche banalmente dell’ipotesi sorta nell’ultima settimana dell’ippodromo La Maura, un’area privata un po’ più distante rispetto al quartiere popolare di San Siro – è evidente che quella capacità economica che siamo riusciti a raggiungere con il progetto sull’area stadio non ci sarà più. Rimane, però, l’urgenza che il Comune di Milano ha sul quartiere popolare di San Siro, e in generale sui quartieri fragili: quindi metteremo in campo tutto quello che riusciremo, a partire dai progetti del PINQuA, dagli investimenti con i fondi Cipe e in generale tutto il lavoro che stiamo portando avanti da un anno e mezzo a questa parte che penso passi soprattutto dal Mosaico San Siro, che è uno strumento, intermedio, urbanistico, molto interessante, perché dà una visione chiara di quella che è la conformazione socio economica dei cittadini, però poi pondera questi elementi con che cosa manca di concreto in quartiere. Ed è un elenco di 80 milioni di interventi che noi speravamo di poter finanziare con l’investimento delle società Inter e Milan sullo stadio. Se così non sarà, comunque ci sarà un impegno importante da parte del Comune, anche perché, fortunatamente, in Consiglio Comunale di persone che hanno a cuore il quartiere popolare di San Siro c’è ne sono e insieme facciamo squadra e battagliamo tutti i giorni su questo. Magari esternamente non si vede, ma è una fatica davvero quotidiana per cercare di tenere sul pezzo gli assessori, portarli qui, confrontarsi con le associazioni, con le realtà. Abbiamo firmato il protocollo San Siro in prefettura, che è stato un’ottima base per darci delle linee di intervento: politiche sociali, ambiente e sicurezza e, in parte, abitare e casa. Quindi continueremo comunque a lavorare; è chiaro che con l’investimento sullo stadio sarebbe un po’ più facile.
A proposito del futuro: come si può leggere il cambiamento nelle intenzioni delle due squadre, e come sarebbe possibile arrivare ad una soluzione diversa rispetto a quelle che negli ultimi giorni, con molta confusione e velocità, stanno emergendo?
E’ chiaro che il tema ha una serie di elementi articolati, complessissimi, ed è un po’ difficile riportarli tutti. Cerco di toccare due, tre punti che per me sono importantissimi. Il Milan, in maniera abbastanza inaspettata, decide di abbandonare l’area stadio e investire su La Maura. Accettiamo questa ipotesi e andiamo a valutare l’area La Maura, che è un’area privata, all’interno del Parco Agricolo Sud, che quindi è un’area vincolata. Ci sono alcuni impedimenti tecnici, alcune criticità che dovrebbero essere superate e non è scontato che si possano superare, perché vorrebbe dire fare due passaggi al Parco Agricolo Sud, che si è già espresso o si esprimerà presto in maniera contraria rispetto all’investimento. Dobbiamo fare una variante al Piano di Governo del Territorio in Consiglio Comunale. Sono passaggi complessi e per niente brevi. Se diciamo che è la velocità di investimento che interessa alle squadre, non credo che quella possa essere un’area adatta. C’è comunque la Sovrintendenza che si deve esprimere anche su quell’area, quindi non è un’area più semplice dell’area stadio. Secondo elemento: anche nel caso in cui riuscissimo a tornare sull’ipotesi principale dell’area stadio, Inter e Milan non hanno dei bilanci particolarmente positivi, soprattutto l’Inter. E il Milan credo che sia preoccupato in questa fase della leva economica che l’Inter può utilizzare rispetto alle banche. Se devi chiudere un accordo con un partner e questo partner non è solido dal punto di vista economico almeno quanto te, questo è un problema. Noi potremmo sì ritornare sull’ipotesi stadio, ma comunque con delle criticità da parte del Milan nei confronti dell’Inter. Terzo elemento, che secondo me può essere la chiave per far sì che si torni all’ipotesi che il Consiglio Comunale ha votato due volte, è questo: io credo che le due società abbiano deciso di fare una valutazione di aree alternative soprattutto per l’elemento Sovrintendenza. Sullo stadio può essere richiesto tra due anni un vincolo extra settantennale. Preso atto che lo stadio da oggi ai prossimi 2, 3 anni immagino che non cambierà, può essere una leva -e questa è una domanda che mi pongo, ma Io credo proprio di sì- chiudere un accordo con governo, Sovrintendenza (quindi ministero dei beni culturali), e squadre perché dicano che su quel monumento non può essere dato un vincolo extra settantennale? Possiamo anticipare la scadenza dei settant’anni ad oggi, perché tanto in questi due anni non cambierà assolutamente nulla? Certificare che quella cosa lì non può essere e non sarà vincolata, e quindi velocizzare l’iter di investimento delle squadre. Questo elemento può essere determinante per convincere le squadre a tornare sul progetto sull’area stadio. Non è facilissimo, perché bisogna avere un’interlocuzione con il governo che ha posizioni molto diverse nella loro conformazione. Però credo che questo possa essere l’elemento decisivo per poter tornare, perché altrimenti vorrebbe dire che il Milan va da qualche altra parte. Noi ci troveremmo con uno stadio da 88.000 posti senza le società da dover gestire, e vi assicuro che per la situazione economica del Comune oggi è impensabile. Non non abbiamo le forze economiche per poter gestire uno stadio con risorse del comune. Dobbiamo tagliare 50 milioni di euro quest’anno. Tra l’altro in questi giorni siamo in fase di approvazione del bilancio, tagliare 50 milioni vuol dire tagliare servizi. Servizi per gli anziani, servizi per le politiche giovanili, servizi dei centri di aggregazione multifunzionali, cioè cose vere e concrete per 50 milioni. Oggi. L’anno prossimo sarà peggio, e l’anno dopo peggio ancora. Il rischio di trovarci con una struttura immensa da non poter gestire è un rischio che dobbiamo evitare in tutti i modi.
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