Partecipazione e ingaggio territoriale (Francesca Cognetti)

Partecipazione e ingaggio territoriale (Francesca Cognetti)

Questo contributo è una trascrizione dell’intervento fatto dalla professoressa Francesca Cognetti nel contesto dell’incontro Stadio San Siro: Alimentare il dibattito pubblico, tenutosi il 18 gennaio 2023 presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (Politecnico di Milano).


Vorrei in questo intervento provare a dire qualcosa sul tema della partecipazione e dell’ingaggio territoriale e, in particolare, sul dibattito pubblico che è stato promosso in questi ultimi mesi e che abbiamo avuto modo di osservare da vicino come gruppo di ricerca Mapping San Siro. In questo contesto è stato impiegato uno strumento previsto a livello ministeriale, quello del dibattito pubblico, che è uno strumento applicato alle grandi opere e disciplinato dal Codice dei contratti pubblici. Con decreto attuativo, dal 2018 è obbligatorio su grandi opere infrastrutturali architettoniche a livello nazionale. Il dibattito pubblico, per come è proposto a livello nazionale anche sulla scorta di altre esperienze internazionali, dovrebbe essere un importante processo partecipativo di discussione delle grandi opere, volto a discutere se e come realizzare il progetto.

In questo caso, il dibattito pubblico è stato gestito da Avventura Urbana ed è stato progettato tra luglio e settembre 2022 e gestito nei mesi di settembre – novembre 2022, circa un mese e mezzo/due mesi di dibattito pubblico. 

L’oggetto e gli obiettivi del dibattito pubblico sono la discussione del progetto di fattibilità tecnico economica per la realizzazione del complesso sportivo presentato dalle società Milan e Inter S.p.A. all’Amministrazione comunale di Milano. Di fatto l’oggetto è la discussione di questo progetto, volta a valutare il progetto e proporre soluzioni migliorative. 

L’iter del dibattito pubblico ha visto la sua apertura il 27 settembre 2022 e si è chiuso il 18 novembre 2022, attraverso la presentazione di una relazione conclusiva con consegna all’Amministrazione comunale e alla Commissione nazionale del dibattito pubblico. Dopo questa relazione conclusiva, entro e non oltre 60 giorni, l’Amministrazione comunale elabora un proprio dossier conclusivo in risposta a delle questioni che vengono sollevate all’interno della relazione. 

Il dibattito è stato organizzato attraverso sei incontri pubblici, cinque incontri di approfondimento e tre attività nel quartiere San Siro. Attraverso questi 16 eventi si è vista la partecipazione di circa 3000 presenze, fisiche e online. Sono state raccolte 457 domande raccolte 83 interventi dal pubblico (cioè cinque/sei interventi per ogni incontro). Altre forme di comunicazione e interazione sono state: un sito web; una pagina Facebook; dei quaderni degli attori che sono previsti all’interno della relazione, ovvero la possibilità di scrivere dei documenti; una importante relazione con i media, perché c’è stata una parte mediatica importante durante il dibattito.

Seguendo i diversi incontri e studiando le relazioni degli attori, sottolineo le principali criticità sollevate durante il dibattito pubblico dai partecipanti: 1. L’interesse pubblico, cioè se e come questo progetto è di interesse pubblico; 2. La demolizione dello stadio, cioè l’opportunità oppure no della demolizione; 3. Gli aspetti di sostenibilità ambientale e di inclusione sociale; 4. Le stesse modalità di svolgimento del dibattito pubblico, che spesso sono state un punto critico all’interno del dibattito 5. Alcune posizioni puntuali dei residenti che abitano nei comparti limitrofi all’area dello stadio. 

Mi soffermo ora su alcune criticità sul processo di confronto avviato, che ci sentiamo di sollevare noi, avendo osservato questo processo partecipativo.

Da una parte c’è un tema di quali sono stati i contenuti del dibattito pubblico, nel senso che il dibattito è stato organizzato sulla sola proposta presentata da Inter e Milan, senza discutere di possibili alternative. E’ stato un dibattito tutto costruito sull’apportare eventuali piccole modifiche al progetto, considerato l’unico progetto possibile, da implementare.

Inoltre, c’è stato, a nostro avviso, qualche problema dal punto di vista delle tempistiche della campagna di informazione. Il dibattito pubblico ha avuto una durata di 40 giorni a fronte di quattro mesi concessi dal regolamento, che forse avrebbero permesso un allargamento dell’arena, della platea e delle forme del dibattito. La comunicazione dell’avvio del dibattito ci è sembrata scarsa, e anche la gestione del dibattito pubblico è stata difficoltosa: la programmazione ha visto cambi di orario e modalità di incontro in presenza e online gestiti malamente; anche lo stesso sito web, ad esempio, che contiene tutta la documentazione progettuale, è stato pubblicato molto a ridosso dell’inizio degli incontri, sostanzialmente il giorno prima. Quindi è stato molto difficile documentarsi prima di arrivare a questi incontri pubblici. 

Come è stata quindi intesa la partecipazione? Forse è stata intesa principalmente come una sorta di informazione ampia sul progetto. Lo spazio dedicato a un reale dibattito e agli interventi dei cittadini è stato uno spazio molto compresso. Lunghe presentazioni tecniche, poche domande alla fine, a cui non c’era poi modo di fare seguire una discussione. Inoltre, in un periodo molto contratto di tempo, di fatto questo processo richiede molta disponibilità di tempo per partecipare a più incontri, magari 2 o 3 incontri durante la settimana. Spesso il pubblico, privo di una sufficiente conoscenza pregressa del progetto, si è trovato in difficoltà a seguire incontri che avevano una natura molto tecnica. Quindi anche il bilanciamento del tipo di comunicazione che è stato fatto e delle informazioni tecniche che necessariamente andavano erogate è stato un altro tema secondo noi un po’ difficile, un po’ delicato. I contributi da parte dei cittadini sono stati raccolti principalmente attraverso i 49 quaderni degli attori. La scrittura dei quaderni sappiamo essere una forma di partecipazione piuttosto impegnativa, perché richiede ai cittadini tempo e competenze nella scrittura di un documento che è un documento tecnico. E questa è stata comunque la forma principale per aprire alla partecipazione e alla espressione di posizioni specifiche.

Per finire, altre questioni che vorremmo porre alla discussione riguardano le forme della partecipazione. Sicuramente in questi mesi del dibattito pubblico sono emerse grandi firme contro l’abbattimento dello stadio sulla stampa a livello nazionale, forse in parte anche esito indiretto del dibattito pubblico. Ad esempio, un importante editoriale sul Corriere della Sera (di Aldo Cazzullo che aveva scritto un pezzo contro l’abbattimento, con uno spirito un po’ nostalgico), poi la posizione di Vittorio Sgarbi. In generale, si è alimentato questo dibattito anche sulla stampa e ci è sembrata una forma di partecipazione interessante.
Un altro tema è che attraverso questo formato, sembra che partecipi chi è già informato prima e sa farlo. Riprendendo la questione sollevata da Massimo Bricocoli, si ha l’impressione che sia stato un dibattito dove partecipano sempre le stesse persone, che sono delle persone che hanno la capacità di partecipare a questo tipo di arene. Nessuna partecipazione di profili fragili, stranieri, giovani, ma neanche di tutto il mondo dei tifosi e dello sport più in generale. Quindi è diventata un’arena molto politica ad accesso per persone competenti.

Inoltre, il dibattito pubblico ha attribuito importanza al ruolo dei cittadini come singoli, senza porre particolare attenzione al ruolo di rappresentanze, sia politiche che associative, come portatrici di interessi più ampi. Quindi, sostanzialmente ci sembra che tutte le persone che intervengono al dibattito lo facciano come singoli, non come rappresentanti di associazioni piuttosto che rappresentanti politici. A proposito di rappresentanze politiche, anche il tema molto rilecante degli otto consiglieri comunali della maggioranza che si sono schierati contro lo stadio non è stato canalizzato all’interno del dibattito pubblico. Ma ricordiamoci che il progetto è passato in consiglio comunale con una maggioranza spaccata, e sostanzialmente con i voti della minoranza.

Quindi ci sembra che questo dibattito non abbia orientato posizioni collettive e loro articolazione nel corso del processo. Di fatto, i cittadini hanno espresso delle posizioni, ma queste posizioni non si sono articolate in un processo di apprendimento durante il dibattito pubblico e tantomeno il dibattito non ha contribuito ad articolare la posta. Sostanzialmente la prospettiva è solo migliorativa rispetto al progetto, cioè il dibattito è stato organizzato sul piano di fattibilità tecnica economica del progetto e non su un documento di fattibilità delle alternative progettuali. Quindi non era contemplata una riarticolazione della posta in gioco.

Sullo sfondo, ci sono poi altre questioni che attengono alla partecipazione nella città di Milano, in particolare la questione del conflitto: è quello dello Stadio un progetto che solleva conflitti urbani? Sicuramente prima del dibattito pubblico c’è stato un tentativo pregresso di promuovere un referendum da parte di alcuni comitati sul “sì” o “no” allo stadio, e quindi ci sono delle tracce di conflitto rispetto a questo tema, anche se non è un conflitto così evidente, così esplicito e che fa un po’ fatica ad emergere. Sicuramente sono emerse delle posizioni da sindrome Nimby da parte di alcuni residenti in particolare, che lamentano tutto il tema della vicinanza al cantiere, del disagio di questi probabili dieci anni di una grande opera pubblica. E sono emersi diversi comitati di cittadini legati alla dimensione ambientale dei beni comuni, con una capacità di mobilitazione e di coinvolgimento che però ci è sembrata un po’ limitata. Nel senso che forse Milano non è una città dove la dimensione del conflitto, anche da un punto di vista dei movimenti, è una dimensione così presente oggi, così rilevante. Di fatto, però, la gran parte degli interventi dei cittadini durante il dibattito pubblico e anche dei quaderni allegati alla relazione finale sono degli interventi che hanno contribuito ad articolare una “voce contro”. Forse un effetto non intenzionale dello stesso dibattito pubblico!




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