Sostenibilità ambientale: suolo e impronta CO2 (Paolo Pileri)

Sostenibilità ambientale: suolo e impronta CO2 (Paolo Pileri)

Questo contributo è una trascrizione dell’intervento fatto dal professor Paolo Pileri nel contesto dell’incontro Stadio San Siro: Alimentare il dibattito pubblico, tenutosi il 18 gennaio 2023 presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (Politecnico di Milano).

Partiamo da una premessa: il progetto del nuovo stadio San Siro è debolissimo, se non addirittura mancante, sulla/delle parte di analisi ambientale ed ecologica. Poiché si tratta di un intervento di forte impatto per la città e i cittadini, per l’ambiente milanese e per quello da dove giungeranno i materiali e dove si produrranno i residui e i rifiuti del processo di realizzazione, ho provato a fare un primo semplicissimo esercizio, uno di quelli che facciamo fare ai nostri studenti, ma che non era presente nel progetto del nuovo stadio: stimare l’impronta emissiva potenziale di CO2 relativa ai processi di decostruzione e costruzione del nuovo stadio. Calcoli del genere sono un passaggio oggi ineludibile per qualsiasi progetto, ancor più se il committente è pubblico o l’opera di interesse pubblico. La domanda pertanto è: qual è il peso ambientale ed ecologico di una grande opera di questo tipo nel bilancio complessivo e anche nella strategia ambientale – ammesso che ci sia una strategia ambientale – di un Comune, di una regione, di un’area di questo tipo? 

L’ipotesi di partenza è che ogni atto costruttivo e decostruttivo implica un’emissione climalterante potenziale che va a modificare la composizione dell’atmosfera e ad aggravare, nel tempo, il quadro climatico complessivo. Vi è quindi una responsabilità dell’amministrazione e del proponente da un lato e una legittima domanda di conoscenza da parte dei cittadini che, correttamente, vogliono vigilare per capire bene come questa proposta progettuale influenzi il bilancio climatico generale e la qualità ambientale della città dove vivono. Una questione pubblica. 

Per fare i calcoli, mi sono basato su un inventario abbastanza accreditato e utilizzato anche qui al Politecnico di Milano per fare questo tipo di operazioni: Inventory of carbon&energy, Università di Bath. Tutti i calcoli sono stati pubblicati in un articolo che trovate su Altreconomia.it.
Premetto che la mancanza di conoscenza esatta sulle masse dei materiali che compongono l’attuale e futuro stadio hanno reso molto difficile il calcolo che, inevitabilmente, soffre di approssimazione. Ma non ha importanza in questa fase il cui scopo era quello di fornire al dibattito cittadino un nuovo e strategico spunto per riflettere sulla opportunità di tale intervento. Ancor meno nota è la massa dello stadio di progetto. Ho fatto quindi delle ipotesi, confrontandomi anche con i colleghi di scienza e tecnica delle costruzioni del Politecnico (ringrazio al proposito l’ing. Riccardo Aceti che mi ha anche ricordato che vi sono dei pronunciamenti tecnici che hanno già ampiamente dichiarato che non c’è pericolo strutturale per l’attuale stadio San Siro). Tornando alla massa del cemento dell’attuale stadio San Siro, questa è di 375 milioni di chili per 150.000 m3; stessa massa ho ipotizzato per il nuovo stadio A partire da queste ipotesi è stato possibile calcolare l’emissione probabile tra la fase di decostruzione e quella di nuova costruzione. L’emissione probabile, solo considerando il calcestruzzo e le relative fasi di lavorazione e trasporto, è di 190.778 tonnellate di anidride carbonica equivalente (CO2e). A questo valore ho poi aggiunto un arrotondamento del 10%, per includere una serie di azioni e di imprevisti, si arriva a 210.500 tonnellate di CO2e. Si tratta del solo contributo emissivo del cemento, poi ci sono tutti i materiali ferrosi, la carpenteria, gli allestimenti, gli asfalti, gli impianti. Una cosa gigantesca che, ripeto di nuovo, è difficile stimare e di cui non c’è traccia di stima all’interno delle analisi di progetto pubblicate. 

In un secondo momento sono arrivato anche ad avere notizie sulla carpenteria della copertura pari a circa 20.000 tonnellate di acciaio, travi incluse. Questo contributo va sommato all’interno del calcolo di impronta emissiva di CO2e

Una volta stimata l’impronta emissiva della componente cementizia, il passo successivo è stato quello di capire come si rapporta tale impronta con le iniziative di mitigazione o compensazione ambientale operanti nel Comune di Milano. Il Piano Aria Clima (PAC) del Comune, ad esempio, si propone una serie di azioni per ridurre l’emissione carbonica in atmosfera. La sola impronta carbonica della componente cementizia rappresenta figurativamente il 3,8% del totale delle emissioni annue dell’intera città, così come riportate nel PAC: un peso importante. Se aggiungiamo la componente ‘carpenteria di copertura’, il peso di quell’unica opera arriva a sfiorare il 5% dell’intera emissione di urbana di CO2. Se ora andiamo a vedere di quanto negli anni si è ridotta l’emissione di CO2 grazie ai vari pacchetti di azioni messe in campo dal Comune di Milano, si osserva che, tra il 2017 e il 2020, il potenziale emissivo è stato ridotto più o meno del 4,5%. Un valore confrontabile con l’impronta emissiva della costruzione/decostruzione di San Siro (cemento e copertura). Questo significa che la sola ‘operazione San Siro’ riporterebbe Milano ai valori emissivi di CO2 del 2017 annullando in un colpo solo i risultati di cinque anni di PAC del Comune di Milano. 

Dopo il confronto con il PAC, sono passato alla verifica delle compensazioni ‘green’ proposte dai due club. La soluzione del futuro stadio si accompagna, infatti, a un progetto di verde che coinvolge circa 11 ettari e che i club ipotizzano sia ampiamente in grado di compensare l’impatto ambientale (pur senza portare alcun calcolo a conforto). Per capire l’adeguatezza di tale proposta, ho lavorato usando i soli dati pubblicati dai club e accessibili a tutti i cittadini (vedi sito web la cattedrale di Populous). Premetto che sono stato più generoso nel calcolo del numero di alberi che sarà messo a dimora rispetto a quanto successivamente riferito nel dibattito pubblico. Inoltre, non ho considerato che la metà del verde previsto non è verde profondo ovvero meno capace di assolvere alle funzioni di ecologiche di un verde profondo e meno abili a stoccare carbonio. Nei miei calcoli un albero in città è mediamente capace di assorbire meno di un albero fuori città. Ho quindi ipotizzato che nella sua vita un albero urbano assorba circa una tonnellata di CO2. Conteggiando il possibile assorbimento complessivo, il grande progetto di verde proposto dai club arriverebbe più o meno a compensare appena il 5% delle emissioni di CO2 che il processo di decostruzione/costruzione genererebbe per i materiali considerati. Il 5% è cosa da poco se non addirittura cosa nulla. 

Ho provato allora a vedere se il grande progetto di forestazione urbano in atto a Milano, Forestami, era in grado di compensare l’emissione potenziale di decostruzione/costruzione. Al 10 febbraio 2022 erano state messe a dimora 284.000 piante, in parte a Milano in parte nella città metropolitana. Nella migliore delle ipotesi, per compensare l’emissione della sola frazione di cemento dovremmo opzionare il 74% di tutta l’operazione Forestami. Questo significa che i benefici attesi da Forestami per compensare altre fonti emissive si annullerebbero di colpo.

È chiaro che non sono d’accordo con la demolizione di San Siro e che oggi sulla scacchiera delle decisioni urbane non possiamo prescindere dall’idea di cambiare paradigma e decidere in merito ai progetti urbani introducendo ben altri riferimenti valutativi. 

Non basta dire che il funzionamento del prossimo stadio sarà carbon-free fintanto che l’impatto del processo decostruttivo/costruttivo avrà quel mostruoso potenziale emissivo che va a pesare come un macigno nel futuro clima milanese e non solo milanese e sulla buona vita di tutti. 

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