Vicino ma lontano – Nota di campo del 22/02/23 (Paolo Grassi)

Vicino ma lontano – Nota di campo del 22/02/23 (Paolo Grassi)

Il Comitato di Quartiere è un soggetto storico del quadrilatero di edilizia popolare di San Siro. Fondato negli anni Novanta, nel corso dei decenni ha visto cambiare più volte la sua composizione. Oggi è formato da un nucleo stabile di residenti anziani, più un gruppo variabile di volontari.

Il Comitato di Quartiere funge da interfaccia con il territorio per le istituzioni e in particolare per ALER, l’Azienda Lombarda Edilizia Residenziale Milano, che a San Siro gestisce la totalità del patrimonio immobiliare rimasto ancora pubblico. Settimanalmente, i membri del Comitato riportano ai funzionari ALER problematiche puntuali e questioni da affrontare relative innanzitutto alla manutenzione degli stabili.

Torno alla riunione settimanale del gruppo dopo mesi di assenza. La sua sede è rimasta invariata, ma i poster alle pareti – due in particolare catturano la mia attenzione, uno sull’analisi logica, l’altro su quella grammaticale – e la disposizione dei tavoli parlano di nuove collaborazioni avviate con volontari e scuole di italiano per stranieri.

Provo a sondare le opinioni dei presenti in merito all’ipotesi di demolizione dello stadio. Il Comitato non ha elaborato una posizione collettiva, ma i punti di vista dei singoli membri sembrano comunque coincidere. C’è chi propone un ammodernamento, chi la demolizione del terzo anello, chi il trasferimento delle attività sportive altrove. Di base però il Meazza costituisce innanzitutto un luogo della memoria, più che della “rigenerazione”. Gianni mi racconta di quando da ragazzo la domenica scavalcava i cancelli per intrufolarsi a vedere le partite di pallone. Ida ha un figlio che ha fatto parte degli ultrà del Milan, negli anni in cui il tifo estremo e i movimenti sociali avevano trovato una curiosa comunione. 

Il progetto di rifacimento viene descritto come inutile. Di nuovo, percepisco la lontananza relativa di un mega intervento di cui non si conoscono tempi e modalità di realizzazione. Ida, ad esempio, è convinta che i lavori di rifacimento potrebbero riqualificare anche una delle vie che attraversano il quadrilatero di edilizia residenziale pubblica, cosa in realtà poco probabile. Gianni si lamenta del fatto che le case in costruzione inserite nel progetto di riqualificazione dell’ex trotto avranno prezzi al metro quadro insostenibili per giovani coppie o anziani. Del Dibattito Pubblico i membri del Comitato non sanno nulla e nessuno ha chiesto la loro opinione.

La discussione si sposta in fretta su altre tematiche. Un residente si lamenta della presenza di rifiuti nel proprio cortile. Gianni condivide la difficoltà di trovare un muratore in grado di fare una fattura per un lavoro di ristrutturazione di un piccolo magazzino che verrà utilizzato per raccogliere vestiti usati e beni alimentari da distribuire in quartiere. Spiega che molti residenti impiegati nel settore edile guadagnano intorno alle 7 euro in nero.

Un giornalista di un quotidiano nazionale fa il suo ingresso armato di telecamera. Vuole conoscere l’opinione dei membri del Comitato sulle primarie del Partito Democratico. Le interviste si trasformano in elenchi di problematiche che si accumulano le une sulle altre, si intersecano in una matassa non sbrogliabile. Individuano wicked problems, direbbero gli urbanisti, difficili addirittura da riconoscere e illustrare. Raccontare San Siro è un’impresa faticosa a chi ha solamente un’ora a disposizione. Così’ impostato, il dispositivo narrativo del giornalismo non riesce a cogliere la complessità delle questioni. Ne conseguono servizi video di tre minuti in cui immagini di edifici sgarrupati si alternano a quelle che sembrano solo lamentele, il tutto accompagnato da colonne sonore drammatiche che costruiscono un immaginario fatto di povertà e privazione che non ne indaga le cause e le responsabilità collettive. 

Lo stadio e il suo progetto di abbattimento stanno altrove, al di là di un confine simbolico che si affaccia su futurismi urbani troppo distanti. Il Meazza è luogo della memoria, ma la materialità dei bisogni primari spingono in un’altra direzione. Le connessioni tra un uno dei più importanti progetti trasformativi di Milano e le case popolari di San Siro qui sembrano paradossalmente deboli. Si fa fatica a preoccuparsene, se non a latere di azioni considerate prioritarie e basilari.

Nota: I nomi propri citati sono fittizi

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.