Riorganizzare un progetto educativo

Come costruire nuove forme di prossimità con il quartiere in un momento in cui ci è imposta la distanza fisica? Come Mapping San Siro abbiamo pensato di costruire “A un metro di distanza”: un osservatorio sul quartiere San Siro per raccontare e monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria, economica e sociale provocata dal Covid-19. A partire dal 21 maggio ogni martedì e giovedì pubblicheremo i contributi della rubrica “Voci dalla rete locale Sansheroes”: prospettive dei soggetti locali che continuano ad operare all’interno del quartiere, affrontando numerose difficoltà e mettendo in campo pratiche innovative e collaborative. 

Paola Casaletti (Coop. Tuttinsieme) coordina Sconfini, un progetto triennale finanziato dalla Fondazione con i Bambini, il quale, da inizio 2019, si propone di affrontare le problematiche legate al tema della povertà educativa dei minori, lavorando con una rete di scuole milanesi collocate nel quartiere San Siro.
Dall’inizio della pandemia i partner di progetto hanno riorganizzato le loro azioni, promuovendo la collaborazione tra soggetti locali e sostenendo alcune progettualità attive in quartiere. Paola ci spiega come.

Come avete dovuto riorganizzare le vostre attività?
Le attività del doposcuola – e in parte il coro – sono proseguite da remoto. Dopo una prima fase di riorganizzazione, gli educatori hanno mantenuto un contatto diretto telefonico con i ragazzini in carico e parallelamente hanno costruito un PDF interattivo, uno per ogni settimana.  Il PDF è stato messo a disposizione di tutti e tre gli istituti. La prima cosa di cui ci siamo resi conto è stata la disomogeneità della capacità delle maestre di raggiungere gli scolari. Quindi chi era attrezzato ha incominciato da subito a sentire gli studenti, a fare video lezioni, ma chi non lo era no. Ci è sembrato importante offrire uno strumento che fosse uguale per tutti e andare in soccorso a chi non aveva la fantasia di crearne uno da solo. Le attività che invece non possono essere svolte da remoto sono sospese. Il progetto prevedeva una valutazione sperimentale del servizio di doposcuola con la collaborazione di Università Cattolica. Purtroppo anche quella dovrà essere rivista profondamente.

Rispetto ai bambini e ai ragazzi: in generale la relazione com’è cambiata?
Per i bambini delle elementari che erano agganciati ha funzionato la relazione stabilita con gli educatori e anche il fatto che i bambini ricevano dalle loro maestre i compiti da fare. Questo è un vincolo che il bambino sente, e lo motiva a fare la telefonata con l’educatore, stare al telefono una mezz’oretta o l’ora che serve. Con i ragazzi delle medie invece abbiamo avuto più difficoltà. Ne abbiamo perso di vista qualcuno in più. L’altro dato è che è aumentato significativamente il numero delle richieste dei pacchi alimentari da parte di tante famiglie con lavori precari che si sono interrotti bruscamente.

Da questo punto di vista voi come fate raccogliere queste informazioni dal quartiere?
Ci arrivano attraverso canali informali.

Vi arrivano dagli educatori? 
Le famiglie chiamano gli educatori e soprattutto le maestre con le quali hanno stabilito una relazione di fiducia. Lo sanno le rappresentanti di classe, che quindi fanno partire delle segnalazioni e lo sa lo sportello del progetto QuBì [Progetto finanziato da Fondazione Cariplo contro la povertà infantile], che gestisce uno sportello telefonico attivo tutti i giorni e che quindi riceve tutta una serie di richieste.

I soggetti locali in questa situazione si sono riorganizzati in maniera repentina e con molta flessibilità.
Sì, totalmente. Soprattutto perché la rete Sansheroes e le altre reti attive sul territorio sono state da subito capaci di aggirare i vincoli burocratici che in ambiti più istituzionali – vedi il tema privacy o la questione dei documenti – non avremmo potuto aggirare. Ci sarebbe stata tutta una zona grigia di persone che non avremmo potuto raggiungere. Nel giro di una settimana si è creato un coordinamento che, di settimana in settimana, si organizza per veicolare: a) la distribuzione dei pacchi; b) la distribuzione di tablet o altro materiale scolastico. In questo è stato fondamentale anche il sostegno delle Staffette di Mutuo Soccorso, legate allo Spazio di Mutuo Soccorso di Piazza Stuparich. Quindi, a seconda di quello che c’è da consegnare, ci si organizza.

Tra l’altro queste reti sono riuscite a intercettare diversi fondi e diverse forme di autofinanziamento. Sembra un po’ che questa emergenza abbia intensificato per certi aspetti le relazioni tra i soggetti locali.
Le ha intensificate e ha reso più semplice e veloce il coordinamento tra di noi.

D’altra parte, però, rispetto alla relazione tra questi soggetti e le istituzioni rimangono invece delle questioni aperte.
C’è stato inizialmente un disorientamento nei rapporti con il Comune, relativamente alla gestione dei servizi educativi territoriali (Centri Diurni e CSE). Quando è uscito il decreto nazionale che ha imposto la chiusura dei servizi è iniziata una trattativa lunghissima perché ci riconoscessero almeno in parte il lavoro da remoto che gli educatori stanno facendo con ciascun ragazzo. Ora dovremo affrontare la complessa organizzazione dei Centri Estivi: anche in questo abbiamo deciso di creare sinergia tra gran parte dei progetti attivi sul quartiere, per non parcellizzare le risorse e offrire alle famiglie che rientreranno al lavoro una parziale soluzione.  

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