Le staffette di mutuo soccorso

Le staffette di mutuo soccorso

Come costruire nuove forme di prossimità con il quartiere in un momento in cui ci è imposta la distanza fisica? Come Mapping San Siro abbiamo pensato di costruire “A un metro di distanza”: un osservatorio sul quartiere San Siro per raccontare e monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria, economica e sociale provocata dal Covid-19. A partire dal 21 maggio ogni martedì e giovedì pubblicheremo i contributi della rubrica “Voci dalla rete locale Sansheroes”: prospettive dei soggetti locali che continuano ad operare all’interno del quartiere, affrontando numerose difficoltà e mettendo in campo pratiche innovative e collaborative.

Quando non insegna e non coordina servizi educativi, Paola è volontaria e attivista in una realtà che da anni lotta per il diritto alla città e all’abitare, lo Spazio di Mutuo Soccorso (SMS) di Piazza Stuparich. Dall’inizio dell’emergenza il suo gruppo gestisce e promuove un servizio in bicicletta di consegna di alimenti e altri beni di prima necessità – le Staffette di Mutuo Soccorso – in collaborazione con altri soggetti della rete del quartiere.

Intervistiamo telefonicamente Paola a fine aprile 2020:
Le staffette di mutuo soccorso nascono con l’idea di consegnare delle spese in giro per la città con i prodotti del GASP, il Gruppo d’Acquisto Solidale Popolare che c’è a SMS, lo Spazio di Mutuo Soccorso. Queste consegne delle spese da una parte facilitano i piccoli produttori che in questo periodo di crisi fanno abbastanza fatica e dall’altra permettono di avere del cibo sano e genuino a prezzi popolari. Quindi si tratta di una consegna di prodotti biologici e genuini, una consegna fatta in bicicletta, con ovviamente i dispositivi di protezione, le mascherine e i guanti, mantenendo le distanze. È attivo grazie a una serie di volontari che si mettono a disposizione, di solito il sabato pomeriggio. Vengono organizzate anche delle spese gratuite, solidali. Una persona può cioè sia lasciare una spesa “in sospeso” di prodotti del GASP, sia fare una donazione. Abbiamo aperto anche una pagina di crowdfunding.

L’iniziativa viene replicata da altre parti?
L’idea delle staffette nasce nello Spazio di Muto Soccorso, nel quartiere di San Siro. Consegniamo i prodotti a famiglie in difficoltà da diversi punti di vista: impossibilitate a uscire di casa, oppure senza reddito, quindi impossibilitate nel fare la spesa. Alcuni nuclei, come sappiamo, sono molto numerosi e hanno lavori precari. In questo periodo tali lavori precari, nella maggior parte dei casi, si sono interrotti. Vorremmo nel corso delle settimane raggiunger sempre più famiglie. Sappiamo che questo bisogno a San Siro è molto sentito. È un bisogno che è stato anche messo in rete, condiviso da altre associazioni che fanno parte della rete di soggetti locali. Si sta provando a unire le forze.

Chi sono i produttori locali a cui fate riferimento?
Sono produttori che si trovano appena fuori Milano. Da sempre si prova a incentivare i produttori che non siano lontani, per ridurre l’inquinamento e valorizzare la produzione locale. Sono selezionati in base a una serie di criteri: vicinanza, qualità del cibo e dei rapporti di produzione, rispetto del lavoro. Il GASP nasce anni fa, non è nato adesso. Quindi ora si è messo a disposizione per far fronte a questa emergenza. Anche le spese solidali hanno prodotti del GASP. Ci sono altre associazioni, non direttamente di San Siro, che ci fanno delle donazioni. Per esempio, la scorsa settimana l’associazione Arcobaleno ci ha fatto una serie di donazioni di cibo fresco. Lo abbiamo distribuito alle famiglie. Sono associazioni simili a noi a livello etico.

Come vengono selezionate le famiglie a cui viene consegnata la spesa?
Sono una serie di famiglie che noi in parte conoscevamo. In altri casi invece ci stanno arrivando delle segnalazioni dalle scuole di zona, che ci dicono quali sono i nuclei familiari che conoscono e sono in difficoltà. Si sta creando anche un meccanismo di rete, con la Custodia Sociale del Comune di Milano per esempio. Dove non può arrivare uno, arriva l’altro. Stiamo impostando questi aspetti proprio in questa settimana. Abbiamo sentito Amelia, della rete di QuBì, ci stiamo organizzando anche per metter in comune le richieste del quartiere. Oltre alle consegne delle spese abbiamo fatto, in collaborazione con l’associazione Cadorna, le consegne di alcuni tablet ai bambini, per facilitare la frequenza delle lezioni online, o per aiutarli nei compiti.

L’acquisto dei tablet da chi è stato effettuato?
L’acquisto è stato fatto dalla scuola Cadorna in questo caso. Le staffette si sono messe a disposizione per consegnarle alle famiglie. Due settimane fa siamo andati in una ventina di staffette a consegnare i tablet qua in zona, a San Siro. Un’altra idea è di unire le consegne di cibo a consegne di libri per bambini e ragazzi delle medie e del materiale didattico, in collaborazione con il progetto Sconfini. Ci è giunta la notizia che in alcune scuole si fa fatica non solo ad aver i dispositivi elettronici, ma anche ad avere i fogli, la penna per fare i compiti, o per fare un disegno, per passar il tempo in casa, visto che siamo tutti chiusi in casa. Soprattutto sappiamo bene che alcuni nuclei familiari vivono in appartamenti piccoli.

Voi avete rapporti con le brigate solidali che sono nate a Milano o sono iniziative indipendenti?
Sono iniziative indipendenti. Le staffette sono un’iniziativa autonoma, indipendente dal resto. Siamo un progetto completamento autonomo, però non abbiamo mai esitato nel comunicare con istituzioni, protezione civile, durante il Covid e prima del Covid.

Rispetto ad altre iniziative di questo tipo, le Staffette cos’hanno di diverso?
Noi abbiamo pensato di fare le staffette perché volevamo arrivare a intervenire su una serie di bisogni del quartiere, ma anche attivare una partecipazione, anche con un significato politico. Questa attività è un modo per poter partecipare, in questo periodo in cui la partecipazione diretta ci  viene impedita. È un modo per invitare altre persone a partecipare. Le staffette puntano ad attivare altre energie, anche a livello di rivendicazione politica, a un livello associativo, di rete che va avanti da tempo e che in questo periodo si è rafforzato e si è messo a disposizione della comunità. Poi ognuno fa il suo. Come lo facevamo prima lo facciamo anche adesso. Però ci sembrava importante che dal basso ci fossero delle iniziative in quartiere, delle iniziative solidali. Come lo facevamo prima, anche in un contesto di abbandono da parte delle istituzioni. Abbiamo pensato che, a maggior ragione in un periodo di crisi e di pandemia, fosse importante fare questo lavoro dal basso, autonomo, con delle prospettive chiare: essere solidali, generare mutuo soccorso, continuare a costruire quel quartiere e quel territorio che abbiamo costruito per anni insieme. Quindi le staffette si collocano in questo quadro.

 Mi sembra molto interessante quello che dici: state rispondendo sicuramente a un bisogno, ma avete anche un obiettivo legato alla partecipazione, all’attivazione nel quartiere. Dicevi inoltre che in questo periodo pensi che le relazioni tra soggetti locali si siano rafforzate.
Penso che si siano rafforzate. Non è facile per nessuno. Tutti quanti abbiamo dovuto in qualche maniera sperimentarci, cerando di rimanere connessi, ma a distanza, anche con diversi sforzi. Questi rapporti si sono rafforzati, a partire dalla comunicazione reciproca dei bisogni e delle esigenze del quartiere, che ognuno di noi intercetta grazie a un lavoro costruito da anni, con l’obiettivo di raggiungere uno scopo comune, cercando di ridurre i danni che questo periodo porta con sé e che si sentono in particolare in un contesto dove già le disuguaglianze sociali sono molto forti. Non è sempre facile mantenere i contatti a distanza, ma ci stiamo provando.

 Rispetto alle istituzioni invece, tu prima parlavi di abbandono, di scollamento tra istituzioni e territorio.
Sicuramente San Siro è un territorio in cui ci sono un sacco di invisibili purtroppo, dalla questione della residenza alla questione dei documenti. Tutte questi questioni si amplificano in questo periodo: il problemi relativi alla scarsa conoscenza della lingua italiana, l’accesso a internet, ma anche la possibilità di conoscere l’esistenza di questi servizi.

Come reagiscono le famiglie, i beneficiari?
Le persone reagiscono con gratitudine e anche un po’ attivandosi. Magari lo dico al mio vicino, segnalo una famiglia in difficoltà. È successo che qualcuno rifiutasse la spesa per regalarla a una persona più in difficoltà. Alcuni si sono aggiunti alle fila dei volontari per fare le consegne. Ci sono quindi meccanismi di riconoscimento e di attivazione.

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