04 Giu Praticare la prossimità a distanza. Il servizio di custodia sociale
Come costruire nuove forme di prossimità con il quartiere in un momento in cui ci è imposta la distanza fisica? Come Mapping San Siro abbiamo pensato di costruire “A un metro di distanza”: un osservatorio sul quartiere San Siro per raccontare e monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria, economica e sociale provocata dal Covid-19. A partire dal 21 maggio ogni martedì e giovedì pubblicheremo i contributi della rubrica “Voci dalla rete locale Sansheroes”: prospettive dei soggetti locali che continuano ad operare all’interno del quartiere, affrontando numerose difficoltà e mettendo in campo pratiche innovative e collaborative.
Giovanna Di Sciacca è referente del Servizio di Custodia Sociale del Comune di Milano – UOP Segesta del Municipio 7 per la Cooperativa Sociale Genera Onlus.
Lorenzo Marasco è custode sociale ed educatore professionale per la Cooperativa Sociale Comunità Progetto.
Entrambi lavorano nel quartiere San Siro da diversi anni e ci raccontano come il servizio è stato riorganizzato “a distanza”. Le interviste sono state raccolte in momenti diversi ma si è scelto di riportarle insieme come riflessione complessiva su questo servizio territoriale di prossimità.
Come è stato riorganizzato il servizio di Custodia Sociale nei due mesi di lockdown?
GDS: Nel momento in cui è stato attivato il lockdown si sono dovuti chiudere sia gli sportelli di orientamento che le socialità e non è stato più possibile andare a casa delle persone per sbrigare le pratiche né fare gli accompagnamenti sul territorio, quindi abbiamo cercato di monitorare le situazioni telefonicamente. Abbiamo ricontattato tutte le persone seguite per informarle e tranquillizzarle rispetto al fatto che noi comunque c’eravamo… poi in alcuni casi erano loro che tranquillizzavano noi custodi raccomandandosi che non uscissimo e che fossimo attenti!
Successivamente il servizio è stato inserito nel sistema di “Milano Aiuta”, dell’Assessorato Politiche Sociali. Allo 020202 alcuni operatori danno orientamento sui servizi di supporto nell’emergenza. Se la richiesta è più complessa e non viene soddisfatta solo con l’orientamento passa al C.O.C. (Centro Operativo Comunale) dove un gruppo dipendenti del Comune di Milano e a turno 2 operatori dei Custodi Sociali di tutte le zone supportano i cittadini nella gestione delle emergenze.
Nel quartiere è rimasta operativa la sede di Piazzale Segesta dalla quale abbiamo continuato a monitorare a distanza le persone seguite e altre che ci sono state segnalate come fragili dai diversi servizi del Comune di Milano.
Quindi il servizio di custodia si è riorganizzato più come servizio di monitoraggio?
GDS: Noi in piazza Segesta non abbiamo possibilità di fare entrare persone in sede ma suonando al cancello possiamo incontrare le persone e dare informazioni a distanza di sicurezza. Attraverso il monitoraggio telefonico si sono attivati diversi interventi di supporto in collaborazione con moltissime realtà. Si sta cercando molto di fare lavoro di rete. Da un mese stiamo collaborando con L’Ordine di Malta per la consegna di pacchi viveri e con gli Scout Agesci per la consegna di alcune spese che abbiamo possibilità di acquistare per persone segnalate in difficoltà; tramite il Servizio Sociale Professionale Territoriale, il progetto QuBì e le Parrocchie ci siamo scambiati informazioni sui vari servizi di consegna cibo, medicine, numeri da contattare e li abbiamo fatti girare in quartiere alle organizzazioni; ci siamo confrontati con ITAMA [associazione che insegna italiano alle donne straniere] sul tema della violenza domestica. L’ambulatorio di Opera San Francesco è rimasto aperto e abbiamo inviato le persone che avevano necessità di farmaci.
Secondo te, come stanno le persone nel quartiere?
GDS: Tra gli anziani c’è abbastanza timore della situazione, alcuni che avevano l’operatore SAT [servizi abitativi transitori] che veniva a fare le pulizie piuttosto che la spesa non hanno più voluto avere il servizio. Tanto fa rassicurare le persone, non farle sentire da sole… Fare sentire comunità e punto di riferimento anche via telefono.
Sicuramente però la situazione di molte famiglie è peggiorata. I portinai degli stabili ci hanno segnalato molto viavai ad inizio quarantena, d’altra parte spesso ci sono situazioni abitative con molte persone in appartamenti piccolissimi… Poi quelli che si arrabattavano con vari lavoretti adesso non lo fanno più e sono ancora più limitati nelle possibilità. Quelli che lavoravano in nero a casa della gente non lavorano più… però sul quartiere per fortuna c’è tanto, ci sono tante risposte.
LM: Da inizio della quarantena io mi sono occupato del monitoraggio telefonico. Nel mio elenco di persone quasi tutti più meno hanno trovato i loro equilibri. Gli anziani che mi hanno assegnato da monitorare avevano tutti delle figure familiari presenti quindi hanno “tenuto botta”.
I miei vecchi utenti, una decina, si sono riadattati bene. Anzi alcuni adulti psichiatrici secondo me hanno attivato delle risorse che prima del Covid erano sopite… risorse interne di autonomia di auto-aiuto tra utenti. Io per esempio seguo C. che ha iniziato a frequentare assiduamente un altro utente del CPS svolgendo semplici pratiche quotidiane: ritiro ricette, acquisto di farmaci… che precedentemente facevamo insieme o mi delegava. E lo fa anche per altri utenti che sono più segregati in casa per altre patologie. Un’attivazione di risorse che prima non si era verificata.
Questa situazione vi ha portato a perdere il contatto con alcuni?
LM: Eh purtroppo si. Nel mio caso seguivo alcuni adulti che non hanno il telefono. Così alcuni colleghi in maniera un po’ strumentale per capire come stavano gli hanno portato dei pacchi viveri anche se il bisogno primario non era esattamente quello ma come servizio di custodia si è mantenuto un contatto anche con questi meno raggiungibili. Ovviamente non come prima.
GDS: Si, anche se al contrario stiamo venendo in contatto con molte più famiglie Rom rispetto a prima, che facevamo più fatica. Sono arrivati al servizio un po’ in maniera spontanea, un po’ tramite gli assistenti sociali in prevalenza per un aiuto sui pacchi viveri.
Come stai vivendo il cambiamento di relazione con gli utenti?
LM: Forse in questa situazione abbiamo quasi patito di più noi educatori, infatti adesso stiamo aspettando un piano di rientro con le dovute cautele ma, insomma, a me ha pesato un po’… poi ti adatti, cogli anche alcuni vantaggi in termine di “economie di scala”, ottimizzi i tempi però… A me è mancato il rapporto di vicinanza, di prossimità… il contatto visivo. L’aspetto dell’incontro “vecchio stile” a me è mancato.
GDS: Alcuni operatori l’hanno vissuta molto male, c’è stata la frustrazione di sentirsi che non stavano facendo abbastanza. Io so che anche il supporto telefonico è importantissimo in questo momento. C’è spesso la tensione a voler fare di più ma in questo momento devi stare attento, tutelare gli operatori, valutare come agire…
Io come coordinatrice devo pensare a dare risposta alle richieste, che non sono diminuite, anzi, ma anche a tutelare gli operatori. Sono un fiume in piena in questo momento.
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