18 Giu San Siro Informa: uno sportello telefonico di orientamento e informazione
Come costruire nuove forme di prossimità con il quartiere in un momento in cui ci è imposta la distanza fisica? Come Mapping San Siro abbiamo pensato di costruire “A un metro di distanza”: un osservatorio sul quartiere San Siro per raccontare e monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria, economica e sociale provocata dal Covid-19. A partire dal 21 maggio ogni martedì e giovedì pubblicheremo i contributi della rubrica “Voci dalla rete locale Sansheroes”: prospettive dei soggetti locali che continuano ad operare all’interno del quartiere, affrontando numerose difficoltà e mettendo in campo pratiche innovative e collaborative.
Attiva da anni nel quartiere San Siro, Amelia Priano – operatrice sociale e referente d’area – gestisce oggi uno sportello telefonico d’informazione e orientamento nell’ambito del progetto QuBì Selinunte, finanziato da Fondazione Cariplo.
La contattiamo a fine aprile 2020, chiedendole informazioni sul servizio e sulla sua relazione o con altri soggetti della rete locale.
Abbiamo attivato lo sportello telefonico il 12 marzo, con “un’apertura” quotidiana dalle 11:00 alle 13:30, dal lunedì al venerdì. Le persone chiamano principalmente per il pacco viveri e per i buoni spesa del Comune, cioè per completare le domande online. Inoltre l’equipe dell’educativa di strada di QuBì ha attivato un servizio di sostegno ai compiti via WhatsApp, che però ha anche una finalità educativa: sentire i ragazzi, sapere come stanno le loro famiglie, monitorare le situazioni fragili. Il servizio permette di sostenere i genitori, perché se una persona sta al telefono con i ragazzi, comunque i genitori hanno un tempo di sollievo. Infine abbiamo attivato dei volontari della rete per alcuni sportelli di supporto. Anch’io sto seguendo una famiglia: diciamo che le chiamate sono tutti i giorni o un giorno sì e un giorno no. È un servizio molto utile perché permette di monitorare anche l’andamento dei ragazzi e le condizioni delle famiglie.
Come avete reagito alla situazione di emergenza?
Se sei in una situazione di emergenza ci sono secondo me due modi per reagire: o ti ancori alle cose del passato – ma ciò lascia il tempo che trova – oppure devi provare a prevedere quello che avverrà. Per esempio, sull’utilizzo dei volontari alcuni dicevano: “Ma non sono abbastanza preparati!”. Secondo me però si tratta di dare priorità alla relazione. Se una persona si offre non è che poi deve saper fare i compiti di matematica, o non solo. Deve piuttosto saper agganciare una famiglia e sostenerla, farla sentire meno sola.
Quindi le persone con cui state lavorando erano già in contatto con voi e con il progetto?
No, non solo. La maggior parte delle persone che chiamano lo sportello non le avevo conosciute prima. Sono tutte persone che hanno perso il lavoro. Attraverso lo sportello telefonico ho la percezione che molte persone abbiano perso il lavoro. Tieni presente che delle 200 telefonate che avrò ricevuto, 150 sono di persone che non avevo conosciuto prima, che non sono mai state in carico ai servizi e che, oltre a essere spaventate, sono anche abbastanza umiliate da quello che è successo. Stanno emergendo moltissime diseguaglianze.
E dove hanno trovato il numero?
Devo dire che la rete di soggetti locali a San Siro funziona veramente bene. Siamo in relazione con le scuole, il comune, alcune cooperative. Cioè, lavoriamo tutti in raccordo. Per quanto riguarda il pacco viveri inizialmente cosa succedeva? prendevo i nomi e i cognomi, numero di minori, numero di figli, via, telefono, codice fiscale e inviavo la scheda alle responsabili del progetto QuBì, che inserivano i dati nella lista di questi Hub che hanno creato per la distribuzione di beni alimentari. So che la lista si è fermata alle prime 700 persone. La rete locale si è attivata per rispondere ad altre richieste.
Dicevi che questa emergenza ha esasperato le difficoltà che già c’erano in quartiere, giusto?
Da una parte molto persone mi hanno raccontato di una grande solidarietà condominiale, altri di grandi conflitti. Poi c’è la questione delle case minuscole, motivo di grande preoccupazione. Lo sportello telefonico da questo punto di vista è faticoso, perché senti un grande numero di persone in difficoltà, anche umiliate. Poi c’è tutto il problema del nero che è in questo momento emerge. Una signora mi ha detto al telefono: “La mia signora è partita per la montagna il 28 febbraio e io sono senza lavoro!”. Hai capito cosa ha detto? “La mia signora”! Questa dovrebbe pagarla anche se non lavora, invece la paga in nero e senza contributi!
E le istituzioni?
Ci sono dei problemi burocratici, di privacy e di responsabilità che vanno affrontati. Qua la situazione è al tracollo, anche dal punto di vista sociale. Io sui giornali non trovo molta informazione sulle periferie, però secondo me questo problema verrà fuori, soprattutto adesso che arriva il caldo.
Speriamo che ora si rimetta in moto qualcosa.
Vediamo se e come riapriranno. Comunque secondo me sarebbe molto interessante approfondire il discorso del welfare anche per fare un ragionamento più ampio. Anche perché in certi casi vedi proprio l’espressione dell’ingiustizia sociale e non è giusto che delle persone vivano in queste condizioni. Anzi, bisognerebbe sensibilizzare in merito a questa situazione, anche politicamente, noi come rete, perché servirà anche dopo, per il futuro. Secondo me bisognerebbe affidarsi un po’ di più alle persone che lavorano nel territorio e hanno una percezione più concreta delle problematiche.
Sorry, the comment form is closed at this time.