Spunti di dibattito tra Comune, scuole e reti locali

Spunti di dibattito tra Comune, scuole e reti locali

Come costruire nuove forme di prossimità con il quartiere in un momento in cui ci è imposta la distanza fisica? Come Mapping San Siro abbiamo pensato di costruire “A un metro di distanza”: un osservatorio sul quartiere San Siro per raccontare e monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria, economica e sociale provocata dal Covid-19. A partire dal 21 maggio ogni martedì e giovedì pubblicheremo i contributi della rubrica “Voci dalla rete locale Sansheroes”: prospettive dei soggetti locali che continuano ad operare all’interno del quartiere, affrontando numerose difficoltà e mettendo in campo pratiche innovative e collaborative. 

Quello di Sabina Uberti-Bona è un “doppio sguardo” su San Siro, come lei stessa ci tiene a precisare. Da una parte volontaria nella scuola Cadorna e membro della rete locale chiamata Sansheroes, dall’altra impiegata presso la Direzione Educazione del Comune di Milano, partner nel progetto Sconfini.

Sabina ci parla di didattica a distanza, di emergenza e di come il Comune di Milano abbia cercato di collaborare con alcuni soggetti del quartiere.
All’interno di Sconfini, in questa fase il Comune ha pensato di mettere una persona di supporto che avesse delle competenze specifiche del territorio. Il mio è un ruolo difficile da definire. Su questa operazione sono divisa tra un pezzo più istituzionale, di presidio, di facilitazione e un pezzo che rientra più nel volontariato. Quindi ho un po’ questo doppio sguardo che non è scontato. 

Vorrei chiederti qualcosa su come si è riorganizzata l’istituzione di cui fai parte rispetto alle attività previste dal progetto Sconfini, quali notizie avete dal quartiere e come le raccogliete, e poi, soprattutto, quali nuove pratiche di collaborazione sono nate in quartieri tra associazioni locali e istituzioni per far fronte a questa situazione.
Dal punto di vista del mio ente c’è stata una precisa volontà di sperimentare questa forma eccezionale nella quale un dipendente venisse in qualche modo coinvolto anche nel processo esecutivo di questa fase d’emergenza. Il progetto si è focalizzato sul mettere al centro anche i bisogni specifici della didattica nell’emergenza, con i suoi problemi e rischi derivati. “Problemi”, perché sappiamo che gli utenti non avevano possibilità di accedere a internet, o non avevano i dispositivi, e “rischi” intesi come rischi di dispersione scolastica, rischi di perdita di contatto tra la scuola e i ragazzi. Il Comune ha deciso di coinvolgersi a tutela di questo processo, a supporto alle scuole nella costruzione e gestione di questa relazione, anche a livello pratico: procurare e distribuire tablet per la scuola, per esempio. C’è questo livello pratico che esula da una progettualità più fine, dove invece vai a pensare a pratiche e protocolli, un livello dove un po’ ti sporchi le mani nel cercare di fare in fretta a fornire le “materie prime” ai ragazzi. Poi anche per un’operazione apparentemente così lineare ci vorrebbero buoni modelli organizzativi, ma questa è un’altra storia.

Come state raccogliendo informazioni nel quartiere?
Diciamo che in termini di raccolta d’informazioni, Sconfini e la rete territoriale possono interagire grazie a Qubì, che ha al suo interno dei protocolli di scambio dati abbastanza ampi da permettere di centralizzare le segnalazioni delle diverse associazioni. Noi come Comune di Milano, invece, non facciamo e non abbiamo fatto nessun tipo di rilevazione specifica sul territorio dall’alto verso il basso, anche per ragioni legate alle nostre specifiche competenze.

Quindi fondamentalmente il Comune si raccorda con i soggetti locali per facilitare la raccolta di queste informazioni e per…
Per tentare di garantire una facilitazione con le scuole (compresi i genitori), e tra esse e gli enti del privato sociale impegnati sul quartiere per la migliore distribuzione delle risorse, in buona sostanza.

Ma poi l’aiuto concreto è consistito nell’acquisto dei tablet o c’è stato anche altro?
No, l’aiuto concreto è consistito e consisterà moltissimo nella fase pratica di distribuzione. Le scuole sembrano essere in un momento di grossa difficoltà operativa. Quindi per noi non è tanto l’acquisto, ma la distribuzione, la gestione di un aiuto tecnico per l’utenza. Il mio contributo come Comune può venire fuori a livello organizzativo anche con l’estensione della rete di supporto, come il coinvolgimento della Onlus Informatica Solidale, con lo sportello di assistenza informatica.

Stai riscontrando differenze a seconda delle scuole o diciamo che funzionano tutte nello stesso modo?
Ci sono scuole che hanno dichiarato di non avere bisogno, fortunatamente. Altre sono state meno reattive. In quest’operazione tutti noi della rete non abbiamo potuto far altro che adeguarci costantemente al passo e ai ritmi delle scuole, a quello che decidevano o non decidevano di fare. A volte riscontri una certa difficoltà nella comunicazione, ma grazie al supporto della rete ti consolidi sull’obiettivo finale, che è sempre quello di raggiungere i bambini e le bambine nel lockdown.

Quindi con le scuole è partito un dialogo ma ci sono dei problemi. Tu dici che alcuni di questi problemi sono legati “all’istituzione scuola”?
In virtù del regime delle Autonomie, gli esiti dipendono molto dal tipo di rapporto che s’instaura con le dirigenze, mentre mancano proposte o modelli organizzativi uguali e obbligatori per tutte le scuole. Di fronte all’emergenza questa questione è venuta fuori ancora di più, in qualche modo evidenziando l’assenza dell’istituzione centrale, e la solitudine dei Dirigenti Scolastici – con il rischio di “personalizzazione” del ruolo.

Invece, rispetto ai soggetti locali, com’è stata la comunicazione?
Rispetto ai soggetti locali direi che abbiamo lavorato tutti benissimo, con grande capacità d’intesa, grande produttività e agilità mentale. Da parte della rete c’è una certa osmosi. La rete locale e territoriale la vedo funzionare e la vedo presente. Il punto più fragile sono stati i gruppi di genitori. Non più fragili per loro assenza, ma perché il rapporto tra le istituzioni scolastiche e i genitori, almeno su questo territorio, è stato un rapporto molto difficile.

È interessante vedere come “l’istituzione scuola” sia un mondo con situazioni molto diverse al suo interno. E questo probabilmente anche dentro il Comune, a seconda della Direzione e a seconda delle persone.
È vero, ma il lavoro del dirigente e della scuola non è sostituibile, soprattutto in questo momento. La scuola avrà delle difficoltà grosse perché avrebbe dovuto attivare dei modelli organizzativi molto efficaci per andare a coprire in velocità i bisogni più urgenti. Tutti noi, nel nostro territorio, diamo alla scuola una funzione sociale che la scuola riconosce solo in parte. Abbiamo investito la scuola di una funzione in cui lei, forse, non si riconosce.

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